Ad inizio marzo, durante la fase iniziale della pandemia, il Governo decise di incentivare il ricorso al c.d. lavoro agile, con lo scopo di limitare gli spostamenti e i contatti interpersonali e garantire comunque la continuità lavorativa per tutte quelle persone che avessero la possibilità di svolgere le proprie mansioni in luoghi diversi dall’ufficio o dall’abituale posto di lavoro. Con il DPCM dell’1 marzo 2020 quindi, è stato disposto che, per tutta la durata dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, il ricorso allo smart working poteva essere adottato senza particolari formalità e, nello specifico, anche in assenza degli accordi individuali previsti dagli artt. 18-23 della L. 81/2017, comunicando semplicemente i nominativi dei soggetti interessati attraverso una procedura telematica sul portale del Ministero del lavoro.

Come noto, a luglio il Governo ha prorogato la durata dello stato di emergenza sino al 15 ottobre e quindi, salvo ulteriori proroghe di cui peraltro si sta iniziando a parlare in questi giorni, la possibilità di ricorrere al lavoro agile in modalità semplificata cesserà a tale data.

Cosa succederà quindi dal 16 ottobre (o dall’eventuale data successiva in caso di proroga dello stato di emergenza)?

Ebbene, le nuove attivazioni di lavoro agile, ovvero la prosecuzione di quelle attivate in modalità semplificata durante lo stato di emergenza, dovranno necessariamente rientrare nell’ambito di quanto previsto dalla normativa non emergenziale e quindi, nello specifico, dovranno essere precedute dalla sottoscrizione con ciascun lavoratore coinvolto dell’accordo individuale disciplinato dagli artt. 18-23 L. 81/2017.

L’accordo individuale, in particolare, dovrà espressamente disciplinare i seguenti aspetti:

la durata dell’accordo stesso, che potrà essere a termine o a tempo indeterminato;

– le modalità di esercizio da parte del datore di lavoro del potere direttivo e di quello di controllo, con particolare riguardo agli obblighi di informazione sugli strumenti di controllo a distanza previsti dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori;

i tempi di riposo del lavoratore, con particolare riferimento al c.d. diritto alla disconnessione;

gli strumenti utilizzati dal dipendente per espletare l’attività lavorativa;

– le eventuali condotte sanzionabili disciplinarmente.

Ci sono poi due aspetti che non devono necessariamente essere inclusi nell’accordo individuale e cioè l’orario e il luogo di lavoro. L’art. 18 della L. 81/2017 definisce il lavoro agile come una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa organizzata per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro. L’attività del singolo dipendente in smart working, quindi, non è più necessariamente organizzata in base a specifici orari da rispettare, ma è valutata in base agli obiettivi e ai risultati raggiunti. Nulla però vieta alle parti, nell’ambito della regolamentazione dei tempi di riposo del lavoratore, di regolare anche i tempi della prestazione.

Medesimo discorso vale per il luogo di lavoro. L’essenza del lavoro agile, che lo distingue peraltro dal telelavoro, è proprio l’alternanza tra il lavoro in presenza e quello da remoto, senza previsione di una postazione fissa al di fuori dell’azienda. In teoria, quindi, il dipendente è libero di scegliere il luogo ove svolgere la propria prestazione, tanto che l’art. 23 della L. 81/2017 prevede espressamente che è coperto dall’INAIL l’eventuale infortunio occorso durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto dal lavoratore per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali. Ulteriore conseguenza di tale impostazione è che il datore di lavoro non è tenuto ad allestire la postazione lavorativa fuori dai locali aziendali, essendo responsabile esclusivamente del buon funzionamento e della sicurezza, anche in termini di tutela della privacy, degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore.

E’ comunque possibile per le parti prevedere espressamente nell’accordo individuale il luogo di lavoro al di fuori dei locali aziendali, anche solo in termini di prevalenza. Questo tipo di previsione, peraltro, potrebbe essere anche ritenuta opportuna in questo specifico periodo storico, nel quale, a causa della pandemia ancora in corso, continua ad essere preferibile evitare troppi spostamenti e contatti con persone estranee all’ambito famigliare.