Il Decreto Legge 18/2020 dello scorso 17 marzo (c.d. Decreto Cura Italia) ha introdotto il divieto, per tutti i datori di lavoro, di effettuare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (cioè per motivi riorganizzativi ed economici) e licenziamenti collettivi per un periodo di 60 giorni, quindi sino al 17 maggio. Successivamente il Decreto Legge 34/2020 (cd. Decreto Rilancio) ha prorogato tale blocco per altri 5 mesi, in scadenza il prossimo 17 agosto.

Se da una parte questo prolungato blocco dei licenziamenti sta destando qualche perplessità in tema di legittimità costituzionale, posto che rappresenta una evidente limitazione al principio di libertà imprenditoriale tutelato dall’art. 41 della Costituzione, dall’altra molti datori di lavoro hanno comunque deciso di sfidarlo, se è vero che, in base ai dati forniti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro durante l’audizione in Senato dello scorso 3 luglio, nel periodo 29 maggio – 11 giugno 2020 si sono verificati un totale di 1.168 licenziamenti (nei quali sono comunque ricompresi anche i recessi, che esulano dal blocco, nelle ipotesi di cambio appalto e successiva riassunzione del lavoratore interessato da parte del nuovo appaltatore).

In questi casi, i datori di lavoro tendono a tutelarsi siglando accordi in sede sindacale che prevedono la rinuncia all’impugnazione del licenziamento, sfruttando anche il fatto che l’INPS, con il messaggio n. 2261 dell’1 giugno, ha confermato il riconoscimento della NASPI anche a quei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo nonostante il divieto posto dal legislatore. Certo, vi sono dubbi circa la tenuta giuridica di queste conciliazioni, posto che difficilmente, in caso di loro impugnazione, potrebbe essere ritenuta valida la transazione di un atto nullo quale un licenziamento comminato in violazione di una norma imperativa, tuttavia il dato esaminato, seppur relativo, è certamente indicativo.

La data del 17 agosto, quindi, viene generalmente vista come uno snodo cruciale da tutte le parti in causa, poiché la temuta pioggia di licenziamenti motivati dall’esigenza delle aziende, prostrate dalla grave crisi causata dal Covid 19, di porre in essere riorganizzazioni e riduzioni di organico, avrà certamente un serio impatto a livello sociale.

Ed è proprio per questo motivo che, in seno alla maggioranza di governo, è in corso un acceso dibattito su quali siano le misure più idonee per evitare che alla fine del blocco dei licenziamenti consegua automaticamente la temuta crisi occupazionale. Da una parte c’è chi spinge per una proroga del blocco fino alla fine del 2020, supportato dal prolungamento della cassa integrazione, dall’altra c’è chi sostiene che un’ulteriore proroga non risolverebbe il problema, ma lo sposterebbe solo più avanti nel tempo, e spinge quindi per destinare le risorse economiche a misure che, al contrario, incentivino le assunzioni o la stabilità dei rapporti di lavoro.

A quanto pare, il compromesso che sembrerebbe essere stato trovato e che dovrebbe essere inserito nel nuovo Decreto Legge in attesa entro la seconda metà di luglio, è quello di una proroga del blocco dei licenziamento di altri 3 mesi, fino quindi a novembre, accompagnata dal prolungamento della cassa integrazione, il tutto però in modalità gradualmente più selettiva, cioè non estesa a tutti i settori produttivi, bensì a tutela solo di quelli più danneggiati dal Covid 19 (come ad esempio il turismo, l’automotive o la congressistica).

Contestualmente, l’intenzione è comunque quella di disincentivare l’utilizzo della cassa integrazione attraverso una decontribuzione sul costo del lavoro, che renda più leggeri gli oneri per chi sceglie di non utilizzare l’ammortizzatore sociale.

Il tutto accompagnato da alcune misure per il rilancio, quali la decontribuzione per nuove assunzioni a tempo indeterminato e il prolungamento almeno fino al termine del 2020 della possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato oltre i 12 mesi senza necessità di apporre causali, in deroga a quanto disposto dal Decreto Dignità del 2018 (attualmente la deroga è stata prevista sino al 30 agosto dal Decreto Rilancio dello scorso 19 maggio).

Restiamo quindi in attesa di conoscere quali saranno le misure adottate dal Governo e gli effetti che queste avranno sul mercato del lavoro, ben consapevoli che, in qualsiasi caso, ci aspetta un periodo molto caldo, a prescindere dal fatto che il blocco dei licenziamenti termini nel pieno del mese di agosto, oppure venga prolungato sino al prossimo inverno.