Con decreto n. 634 del 23 aprile 2020, il TAR di Milano ha sospeso in via cautelare d’urgenza l’ordinanza della Regione Lombardia n. 528 dell’11.4.2020, nella parte in cui, alla lettera H, consente la consegna a domicilio da parte degli operatori commerciali al dettaglio anche per le categorie merceologiche non comprese nell’allegato 1 del DPCM del 10 aprile 2020.

Con la suddetta ordinanza, emessa in applicazione dell’art. 3 del D.L. 19 del 23 marzo 2020, la Regione Lombardia, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sul territorio regionale, aveva introdotto ulteriori misure specifiche, prevedendo comunque, alla lettera H, la possibilità per tutti gli operatori commerciali al dettaglio, inclusi quelli non ricompresi all’interno dell’elenco delle attività produttive e commerciali autorizzate di cui all’allegato 1 del DPCM del 10 aprile, di effettuare le consegne a domicilio, sempre nel rispetto nel rispetto dei requisiti igienico sanitari sia per il confezionamento che per il trasporto, evitando altresì contatti personali a distanza inferiore a un metro al momento della consegna.

Ebbene, nei giorni scorsi, le principali sigle sindacali avevano impugnato tale ordinanza, con specifico riguardo alla liberalizzazione delle consegne a domicilio di cui alla lettera H, motivando la decisione di procedere in tal senso con l’esigenza di tutelare il diritto alla salute dei lavoratori.

Come detto, il TAR di Milano, con il decreto n. 634 in commento, ha sospeso in via cautelare la lettera H dell’ordinanza regionale n. 528, sostenendo che tale previsione sarebbe in contrasto con la normativa emergenziale di cui all’art. 3 del D.L. 19/2020, in quanto, al contrario di quanto disposto, avrebbe ampliato, anziché restringere, le attività consentite, autorizzando il commercio al dettaglio di tutte le merci, a fronte di un DPCM che limitava il commercio solo a precisate categorie merceologiche ritenute essenziali o strategiche.

Contro la decisione TAR, la Regione Lombardia ha preannunciato il deposito di un’istanza di revoca, affermando di continuare a ritenere utile e necessario consentire la consegna a domicilio per dare la possibilità ai cittadini di superare le difficoltà emerse in questo periodo di restrizioni.

Ad ogni modo, si ritiene che il TAR, con il decreto n. 634 in esame, abbia fornito un’interpretazione troppo restrittiva dell’ordinanza della Regione Lombardia e per di più in contraddizione con il contenuto del DPCM del 10 aprile (rimasto in questo senso immutato nel nuovo DPCM del 26 aprile, che ha varato la c.d. Fase 2).

Infatti, se è vero che l’ordinanza regionale dell’11 aprile, alla lettera H, autorizza le consegne a domicilio per tutte le categorie merceologiche anche se non comprese in quelle espressamente consentite dall’allegato al DPCM del 10 aprile, è altrettanto vero che il DPCM, pur non parlando esplicitamente di consegne a domicilio, all’allegato 1 autorizza il commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto via internet, via televisione, per corrispondenza, radio, telefono.

E’ quindi pacifico che, in base al DPCM, è autorizzata la vendita a distanza di qualsiasi prodotto, anche non rientrante tra quelli di prima necessità espressamente citati dall’allegato 1. Ma se quindi la vendita a distanza è autorizzata da decreto, come si può ipotizzare la consegna al consumatore del prodotto acquistato via internet, telefono etc, se non tramite una consegna a domicilio, posto che, in ogni caso, tra le obbligazioni principali del venditore, ai sensi dell’art. 1476 cod. civ., è ricompresa proprio quella di consegnare la cosa al compratore e altre modalità di ritiro non sono consentite?

E’ peraltro lo stesso Governo, sulla pagina internet ufficiale preposta a rispondere ai quesiti riguardanti il DPCM del 10 aprile (http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa), che, al quesito circa la possibilità, per negozi e altri esercizi di commercio al dettaglio che vendono prodotti diversi da quelli alimentari o di prima necessità, di proseguire le vendite effettuando consegne a domicilio, risponde confermando che è consentita la consegna a domicilio di detti prodotti, nel rispetto dei requisiti igienico sanitari sia per il confezionamento che per il trasporto.

Alla luce di tali considerazioni, si ritiene che, nella sostanza, la decisione del TAR non vada ad incidere sulla possibilità di procedere con le consegne a domicilio per le categorie merceologiche non espressamente citate dall’allegato 1 del DPCM del 10 aprile 2020 (così come aggiornato dal nuovo DPCM del 26 aprile), posto che l’autorizzazione in tal senso è prevista dallo stesso DPCM, che è norma di rango superiore rispetto all’ordinanza regionale sospesa dal decreto.